Per anni, abbiamo promesso che la tecnologia avrebbe risolto i problemi di gestione delle informazioni a livello mondiale, ma l’85% delle informazioni aziendali sono ancora ‘dati-opachi’, occultati in sistemi frammentati e insicuri, perse in una marea crescente di archivi disordinati e fuori controllo. Parliamo di documenti, e-mail, conversazioni, messaggi vocali, video:
tutte informazioni disconnesse e difficili da fruire.
E sì che in questa entità confusa di informazione destrutturata si cela un patrimonio di valore enorme: l’attestazione di atti amministrativi a valore legale, la comunicazione preziosa con i nostri clienti e i nostri fornitori, ma soprattutto, il nostro capitale intellettuale, il nostro sapere lavorativo che ci consente di operare e crescere in un mercato sempre più dinamico.
Mentre la normativa diventa sempre più restrittiva e pressante e i documenti elettronici diventano la base di tutte le transazioni umane, le organizzazioni aziendali si scoprono sprovviste di soluzioni adeguate e rischiano ogni giorno di disperdere dati e conoscenza di grande rilievo.
Non è sufficiente alzare le spalle e dire “ehi, noi creiamo solo gli strumenti … non siamo responsabili di come le persone li usano”. È tempo che l’industria tecnologica si faccia avanti e aiuti a risolvere questi problemi.
In questo momento molte persone intelligenti nel mondo sono impegnate ad applicare gli algoritmi di AI all’analisi dei dati e all’automazione robotica e stanno costruendo sistemi in grado di supportare le attività umane più disparate, ma ben poco si fa per risolvere il problema di una gestione sicura e controllata delle informazioni destrutturate. Sarà un compito poco affascinante e sicuramente difficile. Ma noi di DocFlow siamo degli ingegneri dell’informazione e da sempre siamo esposti su un problema di gestione complesso, perché connesso con le attività più cognitive e indeterminate dell’essere umano: l’attività di scrivere documenti e di usare le parole per concepire e validare nuovi beni o servizi, per reagire ad una criticità di mercato, per esprimere idee innovative o semplicemente per siglare un accordo con un nostro partner.
Per far questo abbiamo messo in piedi un approccio multi-tecnologico: ci servono strumenti che permettano di archiviare e blindare le informazioni, di applicazioni che se le vadano a cercare su tutti i possibili canali di ingresso e su tutte le possibili soluzioni informatiche adottate dall’organizzazione, di strumenti di analisi cognitiva all’altezza della capacità umana di esprimersi e di formalizzare nuovi contenuti.
Ma la tecnologia non basta e non basta l’atteggiamento fideistico, e spesso confuso, verso i totem del momento, siano essi l’RPA o la Blockchain o l’AI. Serve esperienza, empatia e tanto pragmatismo. Serve la conoscenza degli strumenti, della normativa, dei processi organizzativi e di come ripensarli grazie al digitale.
Oggi siamo impegnati più che mai a mappare l’informazione aziendale nel migliore dei modi, a preservarla quando presenta contenuti sensibili o riservati, ad estrarre dal contenuto i parametri necessari per automatizzare le fasi di conformità o per sollecitare gli utenti alle azioni che conseguono ad una corretta lettura di un documento contrattuale o di una nuova procedura aziendale.
Il momento storico è delicato ma anche ricco di opportunità: riuscire ad intercettare il cambiamento di ‘senso’ che ha generato la crisi sanitaria (combinata con il momento culmine della prima vera rivoluzione digitale mondiale), riuscire a veicolare positivamente le imponenti risorse finanziarie in arrivo, riuscire ad osare lì dove non ci sono modelli da imitare, è oramai un nostro dovere.
Il futuro non è un investimento sterile per rispondere in modo puntuale a questa o a quella normativa, non è il bisogno che viene soddisfatto con la semplice automazione, ma è la capacità di sfruttare questi input per mettere a profitto la potenza del digitale, per alleggerire la nostra popolazione aziendale di attività orientate alla validazione e al controllo, per dare un boost alle nostre attività lavorative occupandoci della unica risorsa che ci fa progredire e crescere: la forza della nostra creatività.
Sarà poco affascinante e molto complesso, ma il futuro è il nostro mestiere.
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