

Era una giornata buia e tempestosa. I duecento chilometri di autostrada e la levataccia mattutina si facevano sentire più del solito. Il navigatore segnava gli ultimi 5 minuti all’arrivo. Si sperava in un parcheggio facile: con un po’ di fortuna si poteva ancora contare in una veloce colazione prima dell’incontro. Il mio collega ripassava le strategie dimostrative e digitava frettolosamente qualcosa sul suo portatile. Ordinaria amministrazione in fondo: il cliente era importante, il meeting decisivo, ma ci sentivamo preparati. Improvvisamente il beep sul telefonino. L’app di Outlook mi avvertiva che l’evento era appena stato rifiutato. Certo di un errore chiamo subito il mio referente: nessuna risposta. Dopo qualche secondo un whatsapp mi mette a conoscenza che l’incontro è saltato per cause attribuibili ad un cambio di piano. Si rientra. Ma con l’amaro in bocca e un pensiero molesto in mente: il desiderio indomabile di lanciare il telefonino dal finestrino. E poi una domanda: sarebbe successo tutto questo nell’era dei telefoni fissi? Cosa sarebbe successo nel mondo non digitale?
Psicologi e neurologi spiegano il fenomeno con l’assenza del “contatto” analogico: la presenza fisica dell’altro, l’incontro sul campo visivo, la voce umana risvegliano la consapevolezza di sé e del nostro corpo rendendo il cervello immediatamente più cosciente delle sensazioni che si stanno scatenando dentro di noi. La comunicazione digitale e mediata da strumenti asincroni abbassa la propria consapevolezza e dunque irrimediabilmente il nostro senso di responsabilità e di educazione.
Il messaggio digitale è “scarico” di sentimenti, è afono, non balbetta, non arrossisce. La neutralità emotiva del digitale ci sottrae al giudizio personale e ci assolve da qualsiasi conseguenza. La reazione dell’interlocutore è scongiurata o almeno non visibile.
In qualche modo il digitale sta alterando la nostra capacità di gestire le relazioni umane e con essa la capacità di risolvere conflitti, di gestire il confronto, di arrivare a decisioni condivise e, perché no, giustamente sofferte.
I fenomeni della Digital Mala Educaciòn sono notevoli: l’uso di tablet e smartphone durante le riunioni, l’abuso del vivavoce nei mezzi di trasporto, l’uso smodato di gruppi whatsapp per finalità discutibili.
L’email in particolar modo è diventata il mezzo più usato per notificare dissensi o impedimenti, per comunicare criticità e difficoltà, sottraendo questi eventi al normale confronto interattivo e costringendo l’interlocutore ad esporsi con risposte formali sempre rischiose e incomplete. Insomma il digitale sta uccidendo due delle più importanti facoltà umane: la riflessione e la negoziazione.
La desuetudine alla riflessione e alla negoziazione ci rende maleducati.
L’altro elemento che alimenta l’arroganza digitale è l’information overloading, ovvero il sovraccarico cognitivo che si verifica quando si ricevono troppe informazioni digitali.
La caratteristica fondamentale per poter affrontare questi mutamenti epocali, è che l’uomo riacquisti una facoltà che sembra essere andata largamente perduta: la lucidità. Quella che permette di riconoscere il vero dal falso e che spoglia la realtà di tutte le illusioni sovracostruite rendendola razionale.
Durante la lettura di questo breve articolo, secondo le statistiche degli analisti, dovreste aver ricevuto una decina di email, una dozzina di whatsapp e qualche richiesta di amicizia su facebook…buon lavoro!
Ps.: il telefonino dovrebbe trovarsi all’altezza del km 26 della Bologna-Milano…chi dovesse trovarlo…lo lasci lì.
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